Campi News - N.13 Novembre 2022 - INTERVISTA ad Anna Del Mugnaio

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INTERVISTA ad Anna Del Mugnaio

Dirigente dell’Area Servizi alla Persona dell’Unione Reno-Galliera
e Responsabile dell’Ufficio di Piano Distrettuale

anna

Siamo lieti di aver intervistato Anna Del Mugnaio, Dirigente dell’Area Servizi alla Persona dell’Unione Reno-Galliera e Responsabile dell’Ufficio di Piano Distrettuale, che proprio in questi giorni sta andando in pensione lasciando così il suo prezioso lavoro. L’abbiamo ringraziata e le abbiamo fatto i nostri migliori auguri e, ovviamente, le abbiamo fatto anche qualche domanda…

Innanzitutto, le chiediamo un breve resoconto - nonché un piccolo bilancio - della sua ricca esperienza lavorativa. 

Allora, per chi non dovesse conoscermi mi presento: sono Anna Del Mugnaio e per questi ultimi sette anni della mia carriera lavorativa ho lavorato nel territorio, dell’Unione Reno-Galliera come Dirigente dell’Area Servizi alla Persona e Responsabile dell’Ufficio di Piano Distretto Pianura Est. Sono arrivata qua nel 2015, dopo tanti anni di lavoro svolti nella Provincia di Bologna prima di diventare Città Metropolitana.
In Provincia mi sono occupata di formazione professionale e successivamente, a partire dagli inizi degli anni Duemila, di istruzione; in quel periodo sono entrate in vigore le leggi che hanno portato l’obbligo scolastico in Italia fino ai sedici anni.  Pian piano mi sono occupata poi di diversi ambiti: giovani, categorie protette, obbligo scolastico, integrazione tra scuola e formazione, diritto allo studio e integrazione scolastica delle fasce deboli.In Provincia mi sono occupata di formazione professionale e successivamente, a partire dagli inizi degli anni Duemila, di istruzione; in quel periodo sono entrate in vigore le leggi che hanno portato l’obbligo scolastico in Italia fino ai sedici anni.  Pian piano mi sono occupata poi di diversi ambiti: giovani, categorie protette, obbligo scolastico, integrazione tra scuola e formazione, diritto allo studio e integrazione scolastica delle fasce deboli.Durante quegli anni venne creato, ad esempio, l’Osservatorio sulla dispersione scolastica: abbiamo lavorato tanto sui temi dell’abbandono scolastico anche attraverso metodologie nuove. Insomma, sono stati anni molto ricchi e molto formativi.Nell’ultima parte del mio lavoro in Provincia invece sono passata a occuparmi di servizi sociali, dai piani di zona, alla programmazione sociale: c’era un assessore delegato proprio a queste materie. a occuparmi di servizi sociali, dai piani di zona, alla programmazione sociale: c’era un assessore delegato proprio a queste materie. Sempre in quegli anni ho diretto l’Istituzione Gian Franco Minguzzi, che si occupava e si occupa di salutementale e gestisce la Biblioteca della salute mentale: si tratta un fiore all’occhiello del nostro territorio, è un’istituzione gloriosa che prende il via dalla riforma della psichiatria in Italia e porta avanti un lavoro sia di archivio (legato alla memoria e alla storia) che di promozione di un’idea di benessere complessivo legato proprio alla salute mentale. Il Minguzzi è restato nel mio cuore e nella mia ispirazione professionale, grazie a tante cose che ho imparato durante quell’esperienza. Tutto questo dunque nei primi trentacinque anni del mio lavoro, mentre negli ultimi sette anni sono stata sia il Direttore dell’Area servizi alla persona dell’Unione Reno-Galliera sia ilResponsabile dell’Ufficio di Piano Pianura Est quindi delle politiche distrettuali. Naturalmente tante cose sono accadute anche in questi anni, sia per noi come enti locali sia nel mondo, a livello di trasformazioni.Innanzitutto, l’Unione Reno-Galliera è diventata una vera unione, perché gli otto comuni che ne fanno parte hanno deciso di gestire insieme tutte le funzioni che riguardano il sociale, la scuola, le politiche abitative, etc.: gestire insieme per me è stata una grande sfida, una cosa in cui ho creduto sempre molto, a prescindere dal fatto che le cose andassero meglio o peggio e a prescindere anche dalle delusioni. Ho sempre creduto che il welfare e le politiche di sostegno alle fasce deboli della popolazione abbiano bisogno di una dimensione più grande del Comune, perché un solo piccolo Comune non può far fronte alla complessità dei problemi che si vivono sui territori.In questi anni abbiamo fatto tante cose che vanno proprio in questa direzione: tutti i Comuni insieme hanno un’unica rete di sportelli per il cittadino, i nidi sono una rete di servizi integrati, l’accesso è garantito in tutte le parti del territorio, si lavora sull’equità, sull’accesso per tutti in tutti i punti con degli standard uguali per tutte le persone. Non ci si riesce ovviamente sempre, però questa è l’ispirazione. sportelli per il cittadino, i nidi sono una rete di servizi integrati, l’accesso è garantito in tutte le parti del territorio, si lavora sull’equità, sull’accesso per tutti in tutti i punti con degli standard uguali per tutte le persone. Non ci si riesce ovviamente sempre, però questa è l’ispirazione.

Nel nostro lavoro di educatori abbiamo più volta constatato che lavorare in “rete” è una modalità di lavoro assolutamente virtuosa, proficua oltre che necessaria…

Il lavoro di Rete era e resta un obiettivo e secondo me stiamo andando in questa direzione. Il welfare è ancora su base comunale e le risorse sono quelle dei Comuni: c’è il Comune più ricco, quello meno ricco, il Comuneperiferico il Comune più centrale etc. Per noi è uno sforzo continuail ricondurre tutto a una dimensione di equità di accesso e diopportunità per i cittadini. La dimensione Distrettuale è una dimensione ancora più grande, perché comprende quindici Comuni e comprende anche i Comuni delle “Terre di Pianura” (Baricella, Molinella, Malalbergo, etc.). Il Distretto è diventato in questi anni una vera e propria dimensione amministrativa, anche se non lo è formalmente nella normativa perché non ha le competenze di un Comune o di una Unione di Comuni. Il Distretto è un luogo di governance condivisa: ci si metted’accordo, si fanno politiche condivise. L’Ufficio di Piano, che possiamo considerare lo strumento operativo del Distretto, nel tempo ha avuto su di sé dei veri e propri compiti amministrativi, come ad esempio tutto il Piano Povertà che è stato gestito dall’Ufficio di Piano, così come i fondi ministeriali per la promozione del Servizio Sociale Territoriale, e come i bandi per l’affitto, insieme a tante altre cose.Il Piano di Zona ha l’obiettivo di portare avanti politichedistrettuali: progetti e servizi rivolti a tutta la popolazione del territorio.In sintesi, la finalità di questi ultimi sette anni è stata LACOSTRUZIONE DI UN WELFARE TERRITORIALE UGUALE PER TUTTI E ALLA PORTATA DI TUTTI. Alcune normative sono andate in questa direzione, mentre altre non ci hanno tanto aiutato e le politiche attuate si sono rivelate frammentate e spezzettate.

Com’è stato il suo rapporto con la nostra Cooperativa Sociale?

Quando sono arrivata su questo territorio la vostra CooperativaQuando sono arrivata su questo territorio la vostra Cooperativaera già presente e non posso di certo prendermi il merito io di averla fatta diventare quello che è ora. Era già una realtà che percepivo come punto di riferimento, ma lo era anche per icittadini. Quando si parlava di una qualsiasi cosa si diceva sempre“Sentiamo cosa ne pensano a Campi d’Arte!”. Il rapporto con voi rappresenta emblematicamente la dinamica virtuosa chedovrebbe innescarsi tra istituzioni e Terzo Settore.

Bisogna cioè andare sempre di    più nella direzione in cui il TerzoSettore non sia un semplice gestore deiservizi ma macro-progetti e co-gestisca insieme alle istituzioni i servizi e il welfare territoriale.Il rapporto con Campi d’Arte è sempreandato proprio in questa direzione.Al territorio servono soggetti come Campid’Arte e ce ne sono diversi: sono quelle realtà che non rappresentano dei semplici gestori, mahanno una reale percezione della realtà, fanno un monitoraggio sui bisogni e hanno idee.

È con questo tipo di soggettività che bisogna prendere delle decisioni. Per fortuna il  quadro si è evoluto e spero che questo tipo di collaborazioni crescano in maniera più sistematica. Questa logica già si percepiva ed era nell’aria su questo territorio, e Campi d’Arte (che è una realtà all-local fino in fondo), ne è caratterizzata in modo particolare. La conoscenza del territorio di chi lavora nella vostra Cooperativa è un vero e proprio punto di forza che con gli anni si è consolidato. Quello che ho visto in voi è la capacità diÈ con questo tipo di soggettività che bisogna prendere delle decisioni. Per fortuna il  quadro si è evoluto e spero che questo tipo di collaborazioni crescano in maniera più sistematica. Questa logica già si percepiva ed era nell’aria su questo territorio, e Campi d’Arte (che è una realtà all-local fino in fondo), ne è caratterizzata in modo particolare. La conoscenza del territorio di chi lavora nella vostra Cooperativa è un vero e proprio punto di forza che con gli anni si è consolidato. Quello che ho visto in voi è la capacità diinnovarsi, di ampliare il target e la progettualità. Quando sono arrivata su questo territorio, Campi d’Arte mi è stata presentata come una realtà che si occupava di disabilità, in un modo originale:organizzava i club del sabato, i laboratori teatrali, etc.

Non portava avanti i servizi in modo tradizionale, ma era già orientata verso un’idea di progetto di vita relativa alla persona con disabilità.Un’ esperienza mi è rimasta in mente, che per me è stata molto forte: ho assistito a una performance di un laboratorio teatrale nell’ambito del Progetto Agorà, diversi anni fa, di cui ha fatto parte Campi d’Arte, coinvolgendo operatori e utenti in una modalità molto efficace A Bologna con l’Istituto Minguzzi avevo già fatto diverse esperienze di teatro sociale anche nell’ambito della disabilità, ma vederlo realizzato in questo territorio, in una location particolarissima (eravamo nelle sale del Palazzo Comunale di Pieve di Cento) mi emozionò molto.
Pian piano Campi d’Arte è diventata partner anche sul fronte dei minori: un tipo di partenariato in evoluzione ed espansione, capace sempre di pensare e agire cose nuove. Ho partecipato all’inaugurazione della Comunità educativa diurna per minori a Pieve di Cento, una struttura davvero molto bella e di grande importanza. A breve ci auguriamo di inaugurare anche i locali dell’ex stazione di Pieve di Cento, un progetto che ho visto nascere e crescere e mio auguro che anche in questo contesto possiate portare la vostra capacità innovativa. È un progetto che ho nel cuore perché dovrebbe diventare una dei poli del “Centro per le famiglie” distrettuale, che considero uno dei progetti leader di questi anni. Anche il “Centro per le famiglie” ovviamente dovrà essere concepito e agito in maniera reticolare e coinvolgere un numero ampio di Comuni: ogni struttura, ogni punto della rete dovrà avere piena consapevolezza della dimensione complessiva, non solo di quella particolare e specifica. Insomma, minori, disabilità, “Dopo di noi”: sono tanti i temi con cui dovrete essere bravi a continuare a fare sintesi – anche dal punto di vista culturale – di tutte le cose belle che fate e pensate.

Guardando al futuro e considerando anche il nostro territorio, c’è da preoccuparsi o si può essere ottimisti?

Sicuramente questo che stiamo vivendo è un momentaccio: dopo due anni di Covid è arrivata anche la guerra. Vado in pensione consapevole di non lasciare una situazione stabilizzata, ma invece molto incerta: tutto sembra essere un po’ a rischio, anche il lavoro che è stato fatto negli anni scorsi. Sicuramente questo che stiamo vivendo è un momentaccio: dopo due anni di Covid è arrivata anche la guerra. Vado in pensione consapevole di non lasciare una situazione stabilizzata, ma invece molto incerta: tutto sembra essere un po’ a rischio, anche il lavoro che è stato fatto negli anni scorsi. Sicuramente dal punto di vista dei bisogni andiamo verso una dimensionein cui l’esigenza di “cura” diventa sempre più importante (lo abbiamo imparato bene durante il Covid, che ci ha scoperto fragili e interdipendenti). C’è bisogno di prendersi più cura gli uni degli altri per riuscire a tenere una comunità in salute e solida. Sicuramente c’è bisogno di maggiore impegno, soprattutto perché siamo nel pieno di una crisi economica grave. Ci sono però anche dei segnali positivi, come le risorse del PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ed altri interventi che contribuiranno a dare una mano. Io credo che nelle fasi difficili come questa che stiamo ancora vivendo, occorra rinsaldare il patto tra Istituzioni, Terzo Settore, Associazioni delle persone con fragilità e Famiglie, rafforzando proprio le dinamiche di lavoro in rete e in sinergia che si sono già sperimentate con successo sul nostro territorio.fragili e interdipendenti). C’è bisogno di prendersi più cura gli uni degli altri per riuscire a tenere una comunità in salute e solida. Sicuramente c’è bisogno di maggiore impegno, soprattutto perché siamo nel pieno di una crisi economica grave. Ci sono però anche dei segnali positivi, come le risorse del PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ed altri interventi che contribuiranno a dare una mano. Io credo che nelle fasi difficili come questa che stiamo ancora vivendo, occorra rinsaldare il patto tra Istituzioni, Terzo Settore, Associazioni delle persone con fragilità e Famiglie, rafforzando proprio le dinamiche di lavoro in rete e in sinergia che si sono già sperimentate con successo sul nostro territorio. Bisogna rinsaldare questo patto di co-gestione e co-progettazione,uscendo definitivamente da un’ottica di frammentazione dei finanziamenti e di competizione fra i soggetti. Molte delle fatiche che abbiamo incontrato sono anche dovute a una modalità sbagliata di finanziare i progetti, che non garantisce continuità e non offre certezze. Occorre infatti ridurre al minimo le incertezze, per costruire invece un patto forte fra i soggetti coinvolti, un budget condiviso fra sociale e sanitario. Il mio è un messaggio rivolto soprattutto agli amministratori, perché questa cosa deve essere capita fino in fondo e senza esitazioni: dal livello regionale a quello comunale devono cessare i localismi e gli individualismi. Allo stesso tempo anche il Terzo Settore deve fare un salto netto in questa direzione, facendo proposte senza tirarsi indietro. Non è facile ma “ce la si può fare” soltanto se Istituzioni, Terzo Settore e Comunità saranno molto uniti. Guardando oggi  alla situazione internazionale non è facile, con una continua minaccia di guerranucleare, ma bisogna andare avanti e guardare comunque confiducia  e coraggio il futuro.